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Tremiti, ritrovato dai sub ponte
di legno che collegava le isole

MICHELE APOLLONIO
ISOLE TREMITI (FOGGIA) - Questa volta si è mossa la Soprintendenza dei beni archeologici di Taranto, che ha raccolto i tanti appelli lanciati da un gruppo di appassionati ricercatori sui fondali delle Diomedee, un team affiatato composto dall’ingegnere Michelangelo De Meo di Manfredonia e dai sub tremitesi di “Marlintremiti” Adelmo Sorci, Antonio Bruno e Valerio Sorci. Da anni conducono ricerche sistematiche sui fondali dell’arcipelago pugliese, con sorprendenti risultati. «Un lavoro meticoloso condotto prima negli archivi storici a compulsare vecchie carte dimenticate ma anche ad ascoltare gli anziani del luogo», dice De Meo, lo storico del gruppo. «Gli indizi tratti dalle carte – annota lo storico – hanno poi trovato conferma nelle ispezioni subacquee condotte da Adelmo Sorci. Su quei fondali – afferma De Meo – ci sono reperti dai quali trarre spunti per rileggere la storia delle isole o quantomeno delle vicende legate a quel tratto di mare tanto affascinante quanto periglioso».

Fra i ritrovamenti, notevoli sono quelli dei resti del brigantino austriaco “Stefano” naufragato sulle scogliere tremitesi il 7 gennaio 1825; le fondamenta dei due ponti in legno che univano San Domino con San Nicola passando per Cretaccio, fatti costruire da Ferdinando II di Borbone nel 1844; i resti di un aereo della seconda guerra mondiale. «Su quei fondali – assicura Sorci – c’è tanto da scoprire, reperti risalenti ad epoche diverse e dunque di notevole valore archeologico oltre che storico. Siamo pertanto lieti che la Soprintendenza ai beni archeologici di Taranto si sia interessata a quanto andiamo evidenziando da tempo».

Uno scrigno, i fondali del mare delle Tremiti, ricco di tesori non soltanto storici, per i quali appunto la Soprintendenza di Taranto ha ritenuto di dover condurre una campagna di perlustrazione dei fondali intorno alle isole dell’arcipelago: per l’occasione, la Soprintendenza ha chiesto e ottenuto la collaborazione della Marina militare italiana, che ha inviato sul posto il cacciamine “Viareggio”, nave progettata per la localizzazione e la disattivazione/distruzione di mine navali, pertanto dotata di un sofisticato sistema sonar e di due veicoli filoguidati attraverso i quali è possibile rilevare e investigare ogni oggetto che giace sui fondali marini sino a profondità di circa 600 metri. Si tratta di una nave cosiddetta “duale” per il duplice uso che se ne può fare, militare e civile. Sono numerose, anche per questo secondo fine, le missioni della “Viareggio” a supporto di attività svolte dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della magistratura nazionale e da altri enti e dicasteri dello Stato, tutti a vario titolo interessati ad esplorare le profondità marine con lo scopo di ricercare e investigare relitti di navi o aeromobili, reperti di interesse storico o qualunque altro oggetto giacente sui fondali, anche per scopi legati alla preservazione dell’ecosistema marino, sovente con finalità scientifiche. Poichè la nave dispone di camera iperbarica multiposto e di personale sanitario specializzato in fisiopatologia subacquea, l’unità può essere utilmente impiegata in supporto di operazioni di subacquei operanti anche a quote profonde. Allo scopo la nave, quando ve ne sia la necessità, dispone di personale palombaro che consente la possibilità di effettuare immersioni operative.

Nel corso dell’esplorazione condotta nel mare delle Tremiti, sono state raccolti numerose informazioni e reperti anche in ordine all’eccezionale ecosistema che caratterizza quei fondali, ora al vaglio e allo studio della Soprintendenza dei beni archeologici.
fonte: http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it

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