L’eroico slancio di tutti gli abitanti di Framura riuscì a salvare in quella tragica notte quasi tutto l’equipaggio…
Col passare degli anni tutti i relitti sommersi si trasformano in scogliere artificiali e diventano un habitat ideale per numerose specie marine. Ed è proprio il fascino e le emozioni suscitate da questo genere di immersioni a richiamare numerosi subacquei. Antiche navi romane cariche di anfore, aerei, sommergibili, navi da trasporto e da battaglia, alcune avvolte dal mistero della nazionalità come la storia che stiamo per raccontare. Ad un miglio e mezzo dalla costa tra Deiva Marina e Framura, alle porte delle Cinque Terre, nella notte tra il 14 ed il 15 giugno 1944 durante un cruento combattimento la Regia Torpediniera Dragone fu colpita da tre motosiluranti statunitensi PT552 –PT558 e PT559 salpate dalla Corsica. Stava trasportando un carico di mine, collocate a poppa, destinate ad essere deposte nell’Arcipelago Toscano nell’ambito di una operazione militare. L’esplosione fu disastrosa, infatti il relitto mostra la grande falla che causò l’immediato affondamento. Dei centocinquanta uomini di equipaggio, otto furono i dispersi, due i morti e soltanto quattro i feriti, grazie a tutti gli abitanti di Framura che accorsero con le loro barche in aiuto dei naufraghi. Il relitto, per la posizione in cui si trova, è sicuramente uno dei più affascinanti dei mari italiani. La sezione poppiera è adagiata a sessantasei metri di profondità su fondale fangoso, mentre la parte prodiera si trova in posizione verticale eretta verso la superficie come una grande piramide. L’impatto con la vetta metallica lo si ha al raggiungimento dei quarantatre metri. Due ipotesi sono sorte in merito al relitto catturato dai tedeschi e denominato “TA30”. La più probabile è quella che appartenesse alla Regia Torpediniera “Dragone” classe Ariete costruita nei cantieri Ansaldo di Sampierdarena. Lunga 82 metri e larga 8 e mezzo per 1.127 tonnellate, con un pescaggio di due metri e ottocento. Con motore dotato di due caldaie e due gruppi turboriduttori con ventiduemila cavalli di potenza, raggiungeva la velocità massima di 31 nodi e mezzo. Poteva imbarcare e posare 28 mine ed era armata con due cannoni, sei tubi lanciasiluri e due scaricabombe per la caccia ai sommergibili. Ecco la seconda supposizione. Era l’anno 1942, durante una battuta di pesca nei mari di Terranova in Groenlandia il motopesca “Marcella” fu requisito dall’esercito tedesco per essere impiegato nella flottiglia antisommergibili. Lungo 63 metri, largo 10,30 per 2.340 tonnellate. Fu costruito nei cantieri francesi a Saint Nazaire ed il varo avvenne nel 1932. Per le sue dimensioni fu da sempre considerato il motopeschereccio più grande che sia mai esistito. Questa enorme scogliera artificiale che giace sui fondali di Framura da oltre sessant’anni a quale delle due motonavi appartiene. La verità è affondata per sempre quella tragica notte. Una cosa è certa: i caduti di quella battaglia erano uomini.