Archeologia e ingegneria nel recupero delle navi di Caligola
di Sonia Morganti
La differenza tra recupero archeologico subacqueo e una vera azione di archeologia subacquea è sottile e l’anello di congiunzione tra queste due pratiche si può individuare nel fenomenale recupero delle navi di Caligola che giacevano nel lago di Nemi. È una storia, questa, di archeologia e ingegneria, di uomini curiosi, di mecenati e di predoni. Vale la pena di raccontarla.
Dalla curiosità dei pescatori a quella degli studiosi
Come dicevamo nel precedente articolo, è probabile che le mastodontiche navi di Caligola che galleggiavano sulla splendido lago di Nemi, speculum Dianae, siano state affondate in seguito alla damnatio memoriae che colpì l’imperatore. Pur essendo la zona dei colli albani fortemente antropizzata, quella intorno a Nemi nel corso dei secoli ha mantenuto discretamente intatto il suo patrimonio boschivo e la sua vocazione agricola, facendo sì che solo di tanto in tanto qualche pescatore trovasse nelle sue reti, oltre al pasto, anche interessanti reperti: lastre di piombo e monete, tegole o legni, chiaramente parti di navi affondate di cui si favoleggiava, come fosse una leggenda.
Archeologia e ingegneria, mecenati e avventurieri
Nel 1446 la mente del primo tentativo di recupero archeologico – ossia di azione volta a prelevare più materiale possibile dal fondo del lago – è Prospero Colonna, cardinale nonché signore di Nemi e Genzano e appassionato classicista. Poco avrebbe fatto se non si fosse affidato a Leon Battista Alberti, artista e matematico dell’epoca che, unendo archeologia e ingegneria, riesce a tirar su dal fondo del lago di Nemi parecchio materiale interessante per la datazione di quei relitti ancora misteriosi. Per farlo, però, Leon Battista Alberti oltre che della scienza si vale dei marangoni, ossia dei nuotatori genovesi con grandi capacità di scendere in apnea. Questi fecero alcuni rilievi sommari, quanto a distanza e profondità del relitto. Quindi, in base a quelle informazioni, fu costruita una piattaforma galleggiante, dalla quale vennero lanciate corde munite di ganci, che effettivamente presero la nave ma non riuscirono certo a portala a riva. La danneggiarono, invece, strappandone un pezzo. CONTINUA…