di Francesco Marotta
Il mare italiano è pieno di tesori sommersi dall’inestimabile valore archeologico e culturale. Le fasi di un progetto articolato da un’indagine e dalla successiva pubblicazione di un dossier (speriamo a breve) sui relitti nascosti nelle profondità dell’arcipelago delle Eolie, necessitano di una strumentazione altamente tecnologica. La conoscenza, con tutto il suo bagaglio che deriva a chiare lettere da una connaturata consapevolezza del “continuum”, dell’apprendimento a posteriori, della comprensione dei fatti alla trasmissione delle informazioni precedenti conquistate solo con l’esperienza, ha cambiato volto.
A giugno scorso al largo di Lipari a 130 metri di profondità, è stato scoperto un relitto di una nave affondata da più di 2000 anni. Ma come è stato possibile a quella profondità inarrivabile, sopratutto per i mezzi in dotazione alla Soprintendenza del Mare ? Utilizzando per la riuscita della missione i mezzi messi a disposizione dalla no-profit americana Brownie’s Global Logistic e usufruendo, simultaneamente, dell’appoggio logistico della nave oceanografica “Pacific Provider”, battente la stessa bandiera.
Siamo davvero fortunati: dobbiamo sapere che da un po’ di tempo il patrimonio culturale sommerso, ha assunto la legittimità di “patrimonio comune dell’umanità”. Tutto questo cosa significa ? Semplicemente, che non è cambiata solo la caratterizzazione archeologica di inizio secolo, ma anche il suo percorso e il modello di scelta direzionale che incentiva incondizionatamente, un approccio di studio e sviluppo. Ma che però, pensandoci bene e accostandoci a delle stesse considerazioni evidenti, spicca su tante una metodologia pianificata e senza più distinzioni.
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