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“Il mio piano per salvare la memoria del Titanic”

Intervista a Kevin Fewster, il direttore del Royal Museums Greenwich. Una raccolta fondi internazionale per impedire che la società che possiede 6 mila reperti raccolti nel relitto per evitare la bancarotta li venda disperdendoli sul mercato
 Il relitto del Titanic
fabio pozzo
Salviamo il Titanic. Ciò che resta sul fondo fangoso e buio dell’Atlantico, ma anche ciò che è stato riportato alla luce.  L’ammiraglia della White Star affondò alle 2.20 del 15 aprile 1912, 160 minuti dopo aver cozzato contro l’iceberg: il suo scheletro giace in acque internazionali a 3.800 metri di profondità, 486 miglia dall’isola di Terranova, ed è minacciato dai batteri mangia-metallo: secondo gli scienziati, le due maggiori sezioni dello scafo collasseranno entro il 2025 e si disintegreranno entro il 2035.

Ci sono poi i reperti, oltre 6 mila, recuperati in oltre cento immersioni dal 1987 al 2000 (il relitto fu scoperto nell’85 da Robert Ballard), che vanno da un fischietto a una porzione di scafo. Sono quasi tutti in mano alla Rms Titanic Inc., una società controllata dalla Premier Exhibitions di Atlanta, che rischia la bancarotta e che è intenzionata a vendere la collezione (che stima per un valore di 220 milioni di dollari) per salvarsi dal fallimento.

C’è un largo fronte che aborre tale ipotesi, dallo stesso Ballard a James Cameron, il regista del film campione d’incassi che nel 1997 rinnovò il fascino del Titanic; dai discendenti dei passeggeri agli studiosi. E c’è un piano per – appunto – salvare la memoria del liner. Lo illustra, in questa intervista, Kevin Fewster, il direttore del Royal Museums Greenwich, il complesso inglese che include il National Maritime Museum, il museo navale più grande del mondo (Fewster è stato di recente ospite del Galata Museo del Mare di Genova, nell’ambito del cartellone d’incontri del Festival del Mare).  CONTINUA…

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