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Il relitto dell’Umbria, un frammento della storia italiana che continua a raccontare la sua storia sotto la superficie del mare di Andrea Mucedola

Nella seconda guerra mondiale il Mar Rosso era già un’importante via d’acqua che collegava l’Europa alle colonie britanniche come l’India. Il giorno in cui l’Italia dichiarò guerra alla Gran Bretagna, l’Umbria fu affondata a poco più di 20 miglia da Port Sudan. Era una nave da carico italiana diretta verso la colonia italiana dell’Eritrea. Non fu l’unica, nel 1997, durante una sosta a Massaua, ebbi la possibilità di fare un’immersione sull’Urania, una delle tante altre navi italiane autoaffondatesi per non cadere in mano agli Inglesi. La nave, allo scoppio delle ostilità, quando l’Eritrea stava per cadere in mano inglesi, si rifugiò nel golfo interno della Grande Dahlak, dove si autoaffondò il 3 aprile 1941. Il relitto è ancora visibile e giace semisommerso sulla fiancata sinistra su un fondale di 20-25 metri. L’immersione è molto bella e si possono osservare i larghi squarci delle cariche esplose per l’autoaffondamento … tutto intorno si ritrovano vetri multicolori delle porte contorti dall’esplosione che riflettono le luci dall’alto.

Le Fiat Balilla L nel relitto dell’Umbria – da www.fondali.it

Ma torniamo all’Umbria, che ha solleticato le richieste di alcuni. Purtroppo non lo ho mai visitato, e fa parte di quella lunga lista di relitti che ho in programma da anni. Ne parlai anche con Aurora Branciamore, ad Ustica nel 2019, grande conoscitrice delle acque del Sudan. Per raccontare la storia di questa nave ho fatto delle ricerche su internet, che sicuramente non sono esaustive di quell’evento, ma si basano sulle testimonianze del primo ufficiale dell’Umbria, Zarli.

La storia
L’ Umbria, un mercantile di oltre 10000 tonnellate, con un cassero centrale e due ponti e 60 cabine, era stata costruita nel 1911 ad Amburgo, Germania. Battezzata originariamente con il nome di Bahia Blanca fu destinata ad operare in Argentina come nave da carico e passeggeri. Lunga 155 metri, larga 18, venne acquistata dal Lloyd Triestino, e quindi requisita nel 1935 dal governo italiano e trasformata in nave da carico e trasporto di truppe. La nave venne allora ribattezzata Umbria.

L’Umbria

Nel 1940 l’Umbria era diretta a Massaua con un equipaggio composto da 77 persone ed un carico importante di esplosivi ma anche cemento e merci varie. In stiva trasportava anche delle automobili, delle bottiglie di vino, e teodoliti per attività geografiche. Il carico, fatto a Genova e Napoli, era diretto ai porti di Massaua e Assab, per l’Africa orientale italiana, e avrebbe dovuto proseguire poi verso Calcutta. Partita il 28 maggio 1940, attraversò il canale di Suez il 4 giugno, dopo essersi rifornita a Porto Said di 1000 tonnellate di carbone e 130 di acqua. Nell’occasione, salirono a bordo i due piloti (obbligatori per transitare nel canale) e alcuni marinai britannici. Stranamente il transito durò ben più del previsto.

lo sloop HMS Grimsby

Il 6 giugno a Suez, gli Inglesi fecero scortare l’Umbria dallo sloop HMS Grimsby, mentre dirigeva per Massaua. Il giorno 9 giugno, a largo di Port Sudan sul Wingate Reef, l’Umbria venne nuovamente fermata per un controllo ispettivo. I Britannici, nonostante la guerra non fosse ancora stata dichiarata, dopo una viva discussione, occuparono militarmente la nave con una squadra comandata da due ufficiali, il capitano di corvetta Stevens, un capitano di macchina, 10 sottufficiali (in grado di prendere possesso dei servizi della nave) e 20 marines. Sotto la minaccia delle armi, l’Umbria venne quindi dirottata verso la rada di Porto Sudan, al Wingate Anchorage. La situazione divenne critica e la presenza britannica a bordo fece comprendere al comandante dell’Umbria le vere intenzioni degli Inglesi: non un controllo ispettivo ma il sequestro dell’ingente carico bellico.

Alle ore 18,15 del 9 giugno, il comandante Muiesan entrò nella sua cabina ed accese la sua piccola radio privata; da una stazione captò il seguente messaggio: “Attenzione, attenzione, trasmissione straordinaria per le FF.AA. italiane ed operai dell’A.O.I., la guerra sarà dichiarata e le ostilità inizieranno alle ore 24.00.

A questo punto Muiesan non ebbe esitazioni e decise di procedere per l’autoaffondamento per non lasciare la nave in mano “nemica” con tutto il suo prezioso carico. Il suo primo ufficiale Zarli, che ebbe un ruolo di primo piano nell’azione, racconta che, Muiesan fece distruggere tutta la documentazione compromettente ed i codici segreti, quindi in accordo con il suo staff simulò una manovra di esercitazione per procedere all’affondamento. Forse qualche bottiglia di troppo aperta dai Britannici, che sembra avessero saccheggiato la cantina di bordo, diede tempo al Direttore di macchina Costa di aprire indisturbati le prese a mare per imbarcare acqua e far affondare il mercantile. Una scelta difficile e coraggiosa che nessun comandante è felice di prendere. Il personale scese in sala macchine e danneggiò con delle mazze le prese a mare principali, l’ausiliaria e la porta stagna della galleria porta-assi, e lo stesso Zarli con il nostromo Bonacorso ed il caporale di macchina corsero a poppa ad aprire i portelloni di tutte due le parti, per far si che l’acqua entrasse con più vigore.

Due dei marinai inglesi di guardia, accorgendosi della grossa falla, avvisarono il ponte della grave avaria. Il capitano Muiesan, fingendo di non conoscerne la causa, recitò la sua parte e diede l’ordine di abbandonare la nave. Il comandante Stevens corse in cabina dal capitano e gli chiese concitatamente che cosa stava succedendo. Muiesan gli rispose che era scoppiata la guerra, la nave sta affondando e l’unica cosa da fare era di raccogliere la sua gente ed abbandonare la nave.

Fu così che le lance furono messe a mare e l’equipaggio italiano e i marinai britannici abbandonarono la nave. Gli ultimi furono Stevens e Muiesan. Come tradizione marinaresca il comandante italiano invitò a scendere Stevens dicendo che sarebbe sbarcato per ultimo.  Rapidamente l’Umbria si appoggiò su un fianco, reclinandosi sulla murata di sinistra ed affondò con il suo prezioso carico dopo un’agonia di due ore. L’equipaggio italiano fu quindi internato per cinque anni di prigionia, trasferito e rinchiuso in condizioni disumane nei campi dei prigionieri di guerra in India fino al 26 aprile 1946.

la prua del relitto dell’Umbria da sito

Perché ho voluto raccontare questa storia?
Perché l’autoaffondamento dell’Umbria fu il primo atto eroico italiano della seconda guerra mondiale. Quelle munizioni sarebbero state di grande utilità per i Britannici e gli furono negate. Per ironia della sorte a quegli uomini non fu data nessuna qualifica di combattente e nessun risarcimento, malgrado gli esposti inviati a Presidenti della Repubblica, Ministri della Difesa, etc … ricevendo un trattamento pensionistico basato su dati anagrafici e non sui contributi assicurativi versati alla previdenza marinara durante tutto il periodo del lavoro svolto sul mare.

La prima scoperta
Il relitto dell’Umbria giace ora sul fondo del mare, inclinato con un angolo di 60 gradi, con gran parte del suo prezioso carico ancora a bordo. Fu scoperta dopo la guerra, il conflitto era terminato da pochi anni e un austriaco, Hans Hass, noto per la sua audacia e curiosità, si immerse su quel relitto conosciuto dai pescatori. Era il 1949 e  Hass raggiunse con una feluca e due pescatori il punto dell’affondamento. Si dice che lo fece di nascosto, prima ancora di ricevere dalle autorità i permessi necessari.

Nel suo libro “Manta” Hans Hass racconta: “Mi sembrava d’essere un cavaliere del buon tempo antico che, giunto alla soglia di un castello incantato, si dispone, insieme affascinato e titubante, a forzarne l’entrata … era la prima immersione con autorespiratore che compissi da sette anni e, a Vienna, non avevo certo sognato che potesse svolgersi a picco su una nave sommersa.” Hans perlustrò la lunga coperta, le fiancate e si addentrò nell’interno di quella grande nave che riposava “in grembo al mare”.

Un viaggio da sogno ma con molti rischi
Immergersi su questo relitto è un sogno per molti subacquei che, con la sua lunghezza di 153 metri, giace a ridosso di una bella barriera corallina, ed è ancora oggi uno dei più bei punti di immersione del Sudan, fruibile senza difficoltà con una guida esperta anche nei suoi interni. E’ ancora possibile vedere parte del carico, le bombe, le cucine e le famose Fiat Balilla. Per gli appassionati di fotografia è fonte di innumerevoli scorci che raccontano la storia di quella grande nave e della natura che lentamente se ne è appropriata. L’Umbria non è solo un relitto ma un frammento della storia italiana, che continua a raccontare la sua storia sotto la superficie del mare.

Per realizzare questo viaggio sconsiglio i fai da te. In certe regioni del Sudan il rischio di sequestro è considerato elevatissimo ma anche nel resto del Paese questo rischio non può essere escluso. In settembre e novembre 2019, dei conflitti tribali a Port Sudan hanno causato parecchi morti e feriti. Si raccomanda di informarsi sul sito del ministero degli Esteri sulla situazione attuale prima di un eventuale soggiorno. Sul posto, attenersi sempre alle istruzioni delle autorità locali in merito ai coprifuoco, evitando di spostarsi la notte. Rivolgersi sempre a operatori turistici professionali. Un’ottima soluzione è usufruire, qualora disponibili, delle crociere organizzate a bordo della Felicidad,  una barca a gestione italiana, contattando Aurora Branciamore, Tel 06/5090585, Cell. 336/868882 che da anni organizza crociere in mar Rosso.

Fonte: ocean4future.org

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