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Convegno “Profili decompressivi. Appunti dr. Pasquale Longobardi

Appunti dr. Pasquale Longobardi
Convegno “Profili decompressivi: ricerca e prevenzione in medicina subacquea”. Grosseto, 22.01.2011
C.V. Fabio Faralli “Tabelle U.S. Navy edizione 6: a che punto siamo?”
Le vecchie tabelle U. S. Navy (1957) sono state modificate per motivi di sicurezza: nel tempo avevano già subito vari aggiustamenti. Le tabelle più recenti hanno tempi decompressivi più lunghi rispetto alle US Navy 1957. Utilizzando le vecchie tabelle il rischio di patologia da decompressione (PDD) aumenta significativamente in relazione diretta con l’aumentare della profondità e del tempo.
Ciò è dovuto al fatto che, nelle vecchie tabelle, erano stati eseguiti pochi test per le permanenze sul fondo più prolungate.
Per esempio per una immersione a trentasei metri di profondità:
L’algoritmo con il quale erano state calcolate le tabelle di decompressione di Haldane e di Bhulmann è di tipo esponenziale – esponenziale.
Le nuove tabelle di decompressione sono state elaborate con un algoritmo esponenziale – lineare (VVAL 18) ideato da Ed Thalmann.
Questo nuovo algoritmo considera sia il gas in fase libera (bolla) che disciolto. Quindi si avvicina anche ai moderni modelli a microbolla (come il VPM di Yount), spesso utilizzati dai subacquei tecnici.
I profili calcolati da Thalmann furono testati con un modello probabilistico (anche se solo virtualmente, attraverso la simulazione con computer).
tempo sul fondo (minuti)    numero di test effettuati
20                                  539
25                                  571
30                                  390
40                                  295
50                                    91
60                                    10
Le prime tabelle di Thalmann erano molto lunghe. Questo comportava il disagio che rimanere molto tempo in decompressione, specialmente in acqua fredda o con cattive condizioni meteo marine, può essere pericoloso. Il problema è stato risolto introducendo la respirazione di ossigeno in decompressione per i profili con decompressione più lunga.
Non è stata utilizzata Aria Arricchita in Ossigeno (AAO o “nitrox”) per motivi operativi (difficoltà nel procurarsi “nitrox” 50 in località remote). Inoltre la riduzione dei tempi di decompressione non era significativa come con la decompressione in ossigeno puro.
Mostrato il formato delle nuove tabelle di decompressione U.S. Navy
Nelle nuove tabelle U.S. Navy la decompressione è mostrata in aria; in aria + respirazione di ossigeno in acqua; con il “salto” (decompressione in ossigeno in camera iperbarica)
Tutte le immersioni che prevedono un tempo di decompressione superiore a quindici minuti richiedono la decompressione in ossigeno o con il “salto”.
Ci sono alcune novità rispetto alle vecchie tabelle. Per esempio per una immersione che comporti un gruppo residuo A di azoto dopo l’immersione è previsto un tempo di due ore per la completa desaturazione, mentre per un gruppo Z sono previste 15 ore e 50 minuti per la completa desaturazione.
Faralli esprime alcune perplessità in merito alla tabella 9-3 del Manuale U.S. Navy sulla “omessa decompressione”. Pare strano che per i profili di immersione più impegnativi sia accettato un più elevato rischio probabilistico di incidente da decompressione, prevedendo la camera di decompressione a bordo per eventuale utilizzo della Tabella terapeutica 5 e 6 U.S. Navy e in alcuni casi anche la tabella 6A.
Danilo Cialoni “I progressi della ricerca in medicina subacquea”
I profili con elevato grado doppler di bolle sono correlati alla sovra saturazione dei tessuti medio rapidi (tempo di emisaturazione: 5-40 minuti), in particolare al superamento dell’80% del valore M (massima sovra saturazione).
Si è accertato che la risalita lenta o con soste di decompressione troppo vicine alla superficie non riducono significativamente il grado doppler di bolle.
Permettono di ridurre il grado doppler di bolle soltanto: le soste profonde, l’utilizzo in decompressione di Aria Arricchita in Ossigeno (AAO o “nitrox”), il rispetto dei limiti di non decompressione, l’evitare immersioni ripetitive (oltre le prime due della giornata).
L’incidente da decompressione non dipende solo dalle bolle. È necessario un approccio olistico (guardare all’organismo nel suo intero). Valutare lo stato di allenamento, il peso, l’affaticamento, la disidratazione, il livello di nutrizione, le malattie intercorrenti.
Il DAN utilizza la bioimpedenziometria per valutare gli indici di massa grassa, muscolare e la idratazione.
Le bolle sono presenti dopo qualsiasi Immersione. Sono state rilevate anche dopo una immersione a 25 metri per 25 minuti in condizioni termiche ideali (piscina Nemo 33, Bruxelles)
Il DAN sta valutando la possibilità di ridurre le bolle che si producono durante l’immersione, utilizzando diverse tecniche isolatamente o combinate tra loro.
La pre-esposizione al calore riduce il grado doppler di bolle dopo l’immersione. La ricerca con una particolare sauna (30 minuti a 70°C) ha permesso di studiare l’effetto dell’aumento delle Heat Shock Proteins. Pare abbiano un ruolo antiapoptico (l’apoptosi è il suicidio programmato delle cellule danneggiate per qualsiasi motivo).
E’stato inoltre rilevato che durante la risalita i liquidi aumentano nel distretto vascolare a scapito dei tessuti. Poi nei 20-30 minuti dopo l’immersione, specialmente dopo immersione ripetitiva, vi è una disidratazione. Il livello di disidratazione è facilmente misurabile attraverso la valutazione del peso specifico dell’urina:
    peso specifico alto: urina densa (persona disidratata),
    peso specifico basso: urina diluita (persona idratata) Questi dati sono stati verificati anche dalla Marina Francese con immersioni a
45 metri per 20 minuti
La vibrazione per trenta minuti, nelle due ore prima dell’immersione, riduce il grado doppler di bolle dopo le immersioni. Questo fenomeno non è correlato con la sintesi di monossido di azoto (il test della Flow Mediated Dilatation è negativo)
Anche l’utilizzo di antiossidante (p.es la cioccolata fondente) è utile nel ridurre il grado bolle di doppler dopo l’immersione.
I meccanismi di azione delle varie tecniche sono diversi:
 Vibrazione, riscaldamento, pre-ossigenazione abbattono il numero di bolle in circolo (senza che sia coinvolto il monossido di azoto)
    Cioccolato fondente (30 grammi due ore prima dell’immersione) abbatte il numero delle bolle attraverso l’attivazione del monossido di azoto (NO), difatti aumenta la Flow Mediated Dilatation (tecnica di misurazione indiretta della sintesi di monossido di azoto)
L’abbinamento delle diverse metodiche ha effetti sinergici (si potenzia l’abbattimento delle bolle).
Il DAN sta eseguendo ricerche sulla narcosi da gas inerte attraverso il test della frequenza critica di fusione (Flicker Test). La risposta al test varia, nella stessa persona, da momento a momento a secondo dell’attenzione, stress, ecc. L’utilizzo di Oxygen Enriched Air (“nitrox”) migliora la risposta al Flicker Test.
Pasquale Longobardi “evoluzione degli algoritmi decompressivi”
Illustrata (    ) la differenza tra i computer subacquei basati sul modello compartimentale e quelli basati sul controllo delle bolle.
Presentate, in anteprima, le nuove schermate del computer Icon della Mares. Questo computer ha l’algoritmo basato sul controllo delle bolle e appartiene alla moderna concezione dei computer Open Source Dive Computer (OSDC): acquistato l’hardware è possibile aggiornare gratuitamente il software attraverso il web.
Illustrato il computer Galileo Sol della UWATEC basato sull’algoritmo Profile Dependent Intermediate Stops (PDIS), attualmente utilizzato dal Nucleo Sommozzatori dei Vigili del Fuoco.
In merito alle soste di decompressione, è stato segnalato che la ricerca in medicina subacquea ha evidenziato che tali soste hanno un significato solo se eseguite in immersioni con profondità massima superiore ai 27 metri e/o tempo totale di immersione prolungato (prossimo ai sessanta minuti). Secondo l’algoritmo PDIS, la sosta è preferibile che sia posizionata alla metà della pressione assoluta (si può anche dire: alla metà della profondità massima meno cinque metri), per un tempo di due minuti.
Le soste di decompressione eseguite per immersioni a profondità fino a 25 metri oppure posizionate alla metà della profondità massima (secondo l’algoritmo PDIS), tendono ad aumentare la saturazione dei tessuti senza dare benefici.
Gerardo Bosco “il precondizionamento ad ossigeno”
Studio preliminare sui meccanismi del danno da ischemia – riperfusione e sofferenza cellulare (necrosi, apoptosi).
vedi presentazione powerpoint allegata

Algoritimi decompressivi e computer subacquei La ricerca è orientata a ridurre la probabilità di incidente da decompressione attraverso sauna

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