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A Porto Cesareo il ripascimento porta in dono un antico relitto

Porto Cesareo (Lecce) – Una suggestiva scoperta dall’archeologia subacquea:  ritrovato nell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo un relitto per “un turismo diverso”. Il Progetto di ricerca è stato coordinato dalla professoressa Rita Auriemma (Dipartimento Beni Culturali – Insegnamento di Archeologia Subacquea – Università del Salento) e dal professor Giuseppe Mastronuzzi (Dipartimento di Geologia – Università di Bari) e coadiuvato anche dall’Associazione Culturale Galea.

 

-Le più romantiche forse vorrebbero pensare ad un relitto di un “piccolo Titanic” affondato nel Salento, o magari gli appassionati di storia sognerebbero un relitto di una nave da guerra. Tra immaginazione e realtà, il ritrovamento di un relitto c’è stato. Sono da escludere ovviamente, a priori le due ipotesi iniziali in quanto si tratterebbe di un’imbarcazione che trasportava alimenti oppure più genericamente, di una barca a supporto degli importanti traffici marittimi che interessavano le nostre coste. Il relitto sommerso dalle onde del mare perciò, esiste davvero ed ha dormito lì, nel fondale a due metri di profondità per diversi secoli. Le prime analisi archeologiche allontanano l’ipotesi  dell’epoca romana, favorendo una collocazione temporale in epoche successive. A custodire questo pezzo di storia a dir poco affascinante, misterioso e maestoso è il Bacino Grande nell’Area Marina Protetta di Porto cesareo.  In che modo è venuto alla luce ? A seguito del ripascimento di alcuni tratti costieri, “beach nourishment”, di Porto Cesareo,  mediante barriere di sacchi di sabbia, il litorale sembra aver riacquistato le dimensioni originarie bloccando parzialmente l’erosione della duna costiera.  Ad essere  “galeotto” il movimento dei sedimenti di spiaggia che hanno riportato in luce tale relitto precedentemente individuato e segnalato da Salvatore Gubello, detto Sasà. Lo scopritore dunque, un istruttore subacqueo locale.  L’imbarcazione rinvenuta, rientra nella categoria dei relitti spiaggiati, “beached wrecks”  frequenti lungo le coste salentine. A coordinare il progetto di ricerca la professoressa Rita Auriemma (Dipartimento Beni Culturali – Insegnamento di Archeologia Subacquea – Università del Salento) e Giuseppe Mastronuzzi (Dipartimento di Geologia – Università di Bari) coadiuvato dall’Associazione Culturale Galea . Dove ha dormito per tanti secoli il relitto? Su un letto di sedimenti di consistenza limo-argillosa molto compatt

Le prime analisi archeologiche

Si escluderebbe l’ipotesi della collocazione temporale in epoca romana, probabilmente in epoche successive. Non sono state recuperate, fino ad oggi, altre informazioni utili a collocare nel tempo il naufragio. Perché? I pochi frammenti ceramici individuati nelle vicinanze del relitto non sembrerebbero essere pertinenti. Si attendono perciò, delle ulteriori risposte dai prossimi interventi di studio che potranno contribuire ad incrementare il proficuo lavoro  di ricostruzione de paesaggio costiero antico che ha già permesso di stabilire, mediante l’ausilio dei geologi, un innalzamento del livello marino, dall’epoca romana ad oggi, di circa 2 metri. Nuove informazioni si potranno ricavare con il supporto dei metodi di datazione assoluta e l’analisi dei sedimenti che inglobano il relitto. Pertanto, i campioni organici sono in corso di datazione attraverso AMS Accelerator Mass Spectometry del CEDAD, ovvero il  Centro di Datazione e Diagnostica del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, a  cura di L.Calcagnile e G.Quarta.

Oltre al relitto, altri “ritrovamenti collaterali”…

Nell’AMP è noto da tempo un relitto di navis lapidaria che trasportava un carico di colonne monumentali in marmo cipollino, proveniente dall’Eubea, in prossimità di Torre Chianca, databile tra la fine del II ed il III sec. d.C. . Inoltre,  è stata individuata anche una struttura sommersa, pertinente  l’insediamento dell’Età del Bronzo di Scalo di Furno e l’isolotto antistante. A corollario di tutto ciò, una serie di rinvenimenti isolati, o meglio decontestualizzati: dalle anfore alla ancore e materiali ceramici. Infine, anche livelli di frequentazione e resti di strutture murarie e manufatti di età romana sul promontorio di Torre Chianca che testimoniano  la presenza di un importante insediamento produttivo per lo sfruttamento delle risorse del mare, di edifici e aree di necropoli(sarcofagi e tombe scavate).

Conclusioni

Le seguenti potenzialità archeologiche richiedono un programma di ricerca mirato al fine di una corretta valorizzazione fruizione, oltre che di necessaria tutela.  Il Dipartimento di Beni Culturali e l’Area Marina Protetta di Porto Cesareo hanno perciò, avviato in sinergia con altri enti tra cui il Dipartimento di Geologia dell’Università di bari e il CNR, Ibam di Lecce, un accordo di collaborazione volto alla realizzazione di un progetto pluriennale articolato in varie attività: Sentieri blu a Porto Cesareo; Progetto di ricerca e valorizzazione del patrimonio archeologico sommerso dell’area Marina Protetta di Porto Cesareo, ovviamente da sottoporre alla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia.

Si registra già al momento, notevole soddisfazione per chi ha contribuito a tale progetto di ricerca. Il dott. Sergio Fai infatti, ha precisato:  “siamo molto entusiasti d’aver preso parte in questa importante scoperta. La presenza di numerosi rinvenimenti archeologici contribuisce fortemente ad elevare il valore storico-ambientale dell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo. Il prossimo passo  è una progettualità per rendere questi siti fruibili e preservarli nel tempo”.  La coordinatrice, la dott.ssa Auriemma ha ribadito l’importanza della creazione di un Parco Archeologico nell’Area Marina Protetta in modo da avere una duplice valenza storico-archeologica e dal punto di vista della biodiversità. “Ovviamente è necessario favorire un turismo di qualità,  incline al rispetto dell’ambiente  e del bene culturale nel suo contesto naturale– ha dichiarato la dott.ssa Auriemma – in modo che possa essere formativo e non distruttivo. Di recente sono stata in Croazia dove stanno sperimentando dei casi ‘musealizzazione in situ’ di carichi di anfore, relitti, e tanto altro. Ho notato un grande riscontro del turismo subacqueo, tra l’altro molto redditizio”. L’auspicio perciò, che i tesori custoditi dal mare salentino possano essere ammirati e valorizzati per un “continuum storico e archeologico” che identifica le origini della nostra comunità. Da non cancellare, e da non deturpare, mai.

fonte: ilpaesenuovo.it

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