Siamo nel V secolo d.C. Una nave mercantile è all’ancora nel piccolo porto di Scauri a Pantelleria. Il suo carico è formato da oggetti poveri, di uso quotidiano come pentole, tegami e coperchi provenienti proprio dalle fornaci di questa provincia di Trapani, già famosa all’epoca per le sue ceramiche grazie all’abbondante formazione di argilla del suo sottosuolo: le copiose esalazioni di gas sprigionate dal centro di questa fertile terra, infatti, aiutano l’impasto per la creazione di vettovaglie varie. L’armatore è cristiano poiché indossa un simbolo inequivocabile, un anello in argento con castone in corniola decorato con una freccia stilizzata, come un’ancora, segno di speranza e salvezza per l’anima e mangia in un piatto da mensa che ha sul fondo una croce. La nave fa la spola tra le sponde settentrionali dell’Africa e quelle più meridionali dell’Italia, in un periodo in cui iniziano le turbolenze di pirati e barbari. Sono alle porte le guerriglie che invaderanno quelle zone di lì a poco. Sotto la calma apparente del suo carico, la nave, però, nasconde un mistero: alcuni pentoloni sono pieni di pece e zolfo. Basterebbe una scintilla per far scoppiare l’incendio… E incendio fu, la nave colò a picco. Il relitto è stato rinvenuto solo tredici anni fa, grazie ad una fortunata ricerca condotta anche dalla Guardia di Finanza, nel 1997. Dopo sette campagne di scavo, l’emersione non è ancora completata – lo sarà a breve, questione di mesi perché il porto va liberato al più presto – ma una cinquantina di reperti sono stati riportati alla luce e da oggi (22 gennaio 2010) diligentemente restaurati, fanno bella mostra di sé nella sala del Museo Civico di Castelnuovo. Grazie a dodici subacquei “addestrati” dall’Archeoservice di cui è vivace direttrice Paola Filardi, ad un rapporto fruttuoso nel campo dell’archeologia tra le Regioni Campania e Sicilia, alla preziosa collaborazione della Soprintendenza del Mare di quest’ultima, ad un cospicuo finanziamento europeo e un contributo di due borse di studio del Rotary Castel Sant’Elmo ottenute per l’interessamento appassionato di Claudio Ripa, subacqueo – nonché rotariano –doc (più volte nominato e applaudito), nell’ambito del progetto, si è avviato lo studio su parte dei reperti provenienti dal Relitto di Scauri di Pantelleria, consentendone il trasporto a Napoli per le ulteriori indagini. Il momento conclusivo di tanto lavoro si è avuto con una tavola rotonda presso la Sala Carlo V del Maschio Angioino di Napoli e la conseguente inaugurazione della mostra al piano superiore. Moderati dalla giornalista Emanuele Elena Ferraro, e presentati dalla Filardi, hanno portato il loro saluto e la loro esperienza, tra gli altri, Sebastiano Tusa, Sovrintendente del Mare della Regione Sicilia, Nicola Oddati, Assessore alla Cultura di Napoli, il Preside della Parthenope Federico Alvino, Livio Paolillo della Federico II e Massimiliano Marrazzi del Suor Orsola Benincasa. “Sempre seguendo la scia di innovazione tecnologica che caratterizza questa mostra – ha voluto ricordare la Filardi – verrà attivato il sistema Bluzz, attraverso il quale sarà possibile ricevere sul proprio telefono cellulare, via sms o via bluetooth, una guida multimediale della mostra”. “Sono ben lieto di ospitare presso gli spazi espositivi del Maschio Angioino la mostra ‘Il Relitto della Baia di Scauri di Pantelleria’ – ha detto Oddati – perchè questa iniziativa è un incontro tra la tradizione e la società contemporanea, grazie alla collaborazione multidisciplinare pubblico/pubblico e pubblico/privato”. “ Un incontro reso senza dubbio possibile grazie alla figura dall’archeologo – ha continuato Oddati – una figura che, contrariamente a quanto l’immaginario collettivo identifica come un ‘mero scavatore’, si rivela essere un professionista altamente qualificato, in grado di istruire e guidare i ‘non addetti ai lavori’ nei meandri della storia, alla scoperta del nostro passato e alla sua più corretta interpretazione”. Una curiosità: tra il vasellame in mostra, in un angolo della prima teca dell’esposizione, tra i reperti del V secolo, c’è un nano da giardino (moderno). Un nano chiamato “Embolo”, che, si legge sul cartellino posizionato in vetrina, è la mascotte ufficiale del gruppo Facebook “Il nano liberato”. La provocazione, riferiscono gli organizzatori, è stata messa in atto da alcuni ricercatori subacquei del gruppo West end, soliti lasciare il nano sui fondali dopo i ritrovamenti.
Fonte: http://www.napoli.com
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