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DALL’ACQUA AL MUSEO: UNA ESPERIENZA VINCENTE DA NON ABBANDONARE

By 31 Marzo 2017Aprile 14th, 2017No Comments

È stato molto importante introdurre in Italia, attraverso il codice dei beni culturali e del paesaggio norme innovative che fissano regole nazionali sia per la conservazione che per il restauro. In Italia, ormai, la politica di tutela dei beni culturali ha rivestito una crescente importanza sia per l’opinione pubblica che per gli amministratori, favorendo una migliore gestione degli interventi di protezione e valorizzazione dei suddetti beni. Nella provincia di Crotone, attraverso il progetto “Messiah”, si è voluto promuovere sul territorio un nuovo modo innovativo per sviluppare le tecnologie necessarie per implementare una filiera tecnologica dedicata ai siti e i reperti archeologici sommersi dall’individuazione fino alla conservazione e la tutela. La difesa dei beni archeologici sui fondali delle acque joniche crotonesi richiede un’azione decisa da parte delle istituzioni nazionali e locali, senza confondere il prelievo con la ricerca archeologica. Il progetto “Messiah” è un progetto integrato che si è articolato in quattro azioni specifiche per la realizzazione di un centro di monitoraggio e un osservatorio tecnologico dei beni culturali, il potenziamento dei laboratori tecnologici delle università calabresi; una attività di alta formazione in diagnostica, conservazione e restauro del patrimonio archeologico subacqueo, e infine un’attività di ricerca industriale sui temi dell’archeologia subacquea. Obiettivo raggiunto, la nascita del Distretto Tecnologico dei Beni Culturali della Calabria quale centro di eccellenza dell’archeologia subacquea nel bacino del Mediterraneo. L’archeologia subacquea non è nata dentro le aule universitarie; ha avuto una legittimazione abbastanza recente a livello accademico ed è stato inevitabile che il suo riconoscimento avvenisse in ritardo anche a livello ministeriale. Sicuramente il servizio tecnico per l’archeologia subacquea doveva segnare un maggiore impegno del Ministero stesso, visto anche che le richieste d’intervento inviate dalle soprintendenze allo STAS sono state centinaia e che i soprintendenti non abbiano in gran parte richiesto i fondi per avviare le ricerche. Consapevoli che l’evoluzione tecnologica degli strumenti per l’indagine e il recupero ad alte profondità consente di acquisire oggi reperti che, altrimenti difficilmente avrebbero potuto avere fruibilità, dopo anni di sonnecchiamento e dopo le gravi azioni di prelievo di reperti archeologici dal mar Jonio da parte di predatori, sprezzanti, se non delle buone maniere, della legislazione e delle normative del diritto di recupero, regolamentati da convenzioni internazionali, finalmente, le autorità politiche e scientifiche italiane hanno alzato la voce su ciò che è stato definito “saccheggio”, denunziando l’episodio all’Unione Europea e all’Unesco e appellandosi al Tribunale internazionale del mare ad Amburgo. Oggi è ancora più importante una organizzazione nazionale e regionale efficiente affinchè la tutela tecnico-amministrativa resti alle soprintendenze perché scindere tutela del territorio asciutto e tutela del territorio sommerso sarebbe un errore grossolano sia in termini pratici che culturali. Si ritiene che gli interventi in acqua possono essere svolti, seguiti, coordinati da centri operativi autonomi con capacità finanziaria propria a condizione che vengano istituiti anche centri specializzati per il restauro di reperti bagnati. È chiaro che dopo un intervento così articolato, come quello del progetto Messiah si apri un corridoio di finanziamenti specifici per l’archeologia subacquea, affinché il patrimonio sommerso non rimanga alla deriva, istituendo, altresì, l’archeologia subacquea come materia d’insegnamento soprattutto come perfezionamento post-laurea, perché l’aspetto della formazione non può essere disgiunto da quello della tutela e dell’operatività e quindi occorrono dei cantieri-scuola subacquei per impratichirsi nel mestiere. Formare professionisti con elevata competenza, nell’ottica dello sviluppo delle conoscenze applicative finalizzate al controllo del processo diagnostico a partire dall’analisi e dalla caratterizzazione dei materiali e del degrado fino a giungere alla definizione di soluzioni di conservazione, restauro e valorizzazione del patrimonio culturale in considerazione delle più innovative tecniche e tecnologie nonché del più aggiornato dibattito culturale, è stato l’obiettivo che ha centrato il percorso formativo del Consorzio Cultura e Innovazione con il Corso di Diagnostica, conservazione e restauro del patrimonio archeologico subacqueo “DIARSUB”. Il problema è quello della conservazione di quanto viene recuperato dai fondali. L’Italia è il paese europeo più arretrato da questo punto di vista: non c’è reperto conservato come si deve. Sono pochissimi, in Italia, interventi completi “dall’acqua al museo”. A Crotone si è sperimentato un percorso nuovo e innovativo dal mare al museo ed è stato completato col restauro, l’esposizione e la fruizione pubblica. Una esperienza vincente da non abbandonare.
di Salvatore Barresi Sociologo Economista
fonte: innovatoripa.it

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