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La seconda Conferenza Internazionale sugli elasmobranchi

By 31 Marzo 2017Aprile 14th, 2017No Comments

La seconda Conferenza Internazionale sugli elasmobranchi

Si è tenuta a Durban (Sud Africa) dal 2 al 6 giugno 2014 la seconda Conferenza Internazionale sugli elasmobranchi
Si è da poco  conclusa a Durban (2-6 giugno 2014, Sud Africa) la seconda Conferenza Internazionale sui pesci cartilaginei. Circa 40 paesi provenienti da tutto il mondo, con oltre 300 delegati hanno discusso sullo stato di conservazione di questi organismi. I relatori sono stati circa 200 e ARPAT ha partecipato in qualità di coordinatore scientifico del progetto ELASMOSTAT del Ministero delle politiche agricole e forestali (MiPAAF), anche se, di fatto, rappresentava l’intero bacino mediterraneo.
Il nostro contributo prevedeva l’esposizione dei risultati ottenuti con il progetto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF) che si è concluso il marzo scorso.
ARPAT ha, infatti, coordinato, a livello nazionale, il gruppo di lavoro sulla valutazione delle risorse ittiche, sul progetto di ricerca “7 – Tematica A3” del MiPAAF con titolo: Lo status degli elasmobranchi dei mari italiani (ELASMOSTAT).
Il progetto, attraverso l’organizzazione ragionata di tutte le informazioni disponibili aveva, ed ha, come obiettivo prioritario quello di migliorare le conoscenze sugli stocks dei pesci cartilaginei dei mari italiani, considerando questo gruppo di pesci strategico negli equilibri dell’ecosistema marino. Questo progetto vuole anche fornire suggerimenti gestionali, sostenibili ed eco-compatibili. Infatti, gli obiettivi generali dell’uso delle risorse naturali, tra cui i popolamenti ittici, sono la sostenibilità dello sfruttamento, l’oculata gestione e, non ultima, la conservazione della biodiversità, quale garanzia di sopravvivenza dei popolamenti animali e vegetali.
Sulla base di questi presupposti sono stati analizzati i dati provenienti dal programma comunitario Data Collection Framework (DCF) e in particolare quelli del programma MEDLEM che l’Agenzia coordina al livello Mediterraneo. Quest’ultimo programma valuta il cosiddetto bycatch, cioè tutte quelle specie che sono catturate incidentalmente.
I risultati di MEDLEM sono stati esposti al congresso in un poster specifico.
ELASMOSTAT ha permesso di fare un importante esercizio attraverso l’applicazione di modelli matematici di valutazione delle risorse, nonché individuare la migliore strategia per un più oculato sfruttamento al fine di garantire lo stato di conservazione degli squali.
I contenuti del progetto possono essere sintetizzati nei seguenti punti:
1. Raccolta delle informazioni storiche di dati di cattura, acquisizione e organizzazione dei dati inerenti gli elasmobranchi rilevati dalle Unità Operative afferenti alle diverse Geographical Sub Area (GSA) italiane nel contesto di programmi nazionali (GRUND), comunitari (MEDITS) e comunque nell’ambito del DCF;
2. Analisi dei dati provenienti dai precedenti programmi per una descrizione delle caratteristiche dei principali stock: distribuzione spaziale, parametri biologici, trend di indici di biomassa, tassi di mortalità, accrescimento, biologia riproduttiva, vulnerabilità, ecc;
3. Valutazione dello stato di sfruttamento delle principali specie demersali d’interesse commerciale utilizzando i metodi più idonei in base ai dati disponibili;
4. Analisi del by-catch, proveniente soprattutto dalla pesca dei grandi pelagici, relativo agli elasmobranchi, con riferimento anche a programmi specifici di monitoraggio;
5. Valutazione preliminare delle unità di stock di alcune specie target di elasmobranchi, utilizzando i dati e le informazioni scientifiche ottenute attraverso analisi della struttura genetica delle popolazioni ed esperimenti di tag and release già realizzate o in corso;
6. Valutazione della biodiversità e della tassonomia di alcuni gruppi di specie mediante revisione dei dati genetico-molecolari esistenti (barcode);
7. Individuazione delle principali carenze, in relazione ai dati utili già disponibili, per una più accurata valutazione dello stato di sfruttamento degli stocks. Individuazione delle procedure più efficienti mirate alla raccolta futura di tali informazioni;
8. Proposta degli approcci più idonei per la valutazione dell’impatto della pesca e per definire piani di gestione finalizzati a mitigare il declino delle popolazioni di elasmobranchi.
Nei mari italiani si segnalano quasi tutti i pesci cartilaginei presenti in Mediterraneo, attualmente circa 80 specie, che costituiscono l’11% del numero totale delle specie ittiche esistenti. Questo fatto mette in risalto l’importante contributo che i pesci cartilaginei delle coste italiane danno alla biodiversità globale del Mediterraneo.
A fronte di questo dato esiste tuttavia una scarsa informazione biologica e popolazionistica su questi pesci, che è fondamentale invece per definire lo stato di sfruttamento e le misure di controllo necessarie.
Tale problematica si riflette direttamente sulle normative di gestione e protezione degli elasmobranchi, che ancora oggi sono lacunose. Occorre, infatti, rilevare che la più importante direttiva comunitaria (Direttiva Habitat 43/92/CE) non annovera alcuna specie di elasmobranchi e che nel protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona, fino al 2013, erano elencate solo tre specie nell’allegato II (specie completamente protette): Carcharodon carcharias (Linnaeus, 1758); Cetorhinus maximus (Gunnerus, 1765); Mobula mobular (Bonnaterre, 1788).
Preoccupanti sono, infine, le valutazioni dell’IUCN sullo stato di conservazione dei pesci cartilaginei, perché considera che il 42% delle specie mediterranee sia in pericolo e il 13% gravemente minacciato; insomma, una situazione analoga, se non più grave, a quella che si sta verificando in altri mari del pianeta e che pone notevoli apprensioni per la tutela di questi pesci.
Corre l’obbligo, però, di riconoscere che il ragionamento affrontato nel rapporto Elasmostat ha evidenziato certi passaggi critici. Se da un lato è stato possibile definire alcuni punti di riferimento (Reference Points – RPs), potenzialmente utili per la valutazione dello stato di sfruttamento e della sostenibilità della pesca per gli stocks di elasmobranchi, dall’atro la scelta dei RPs è stata condizionata fortemente dalla qualità dei dati disponibili. Infatti, per i pesci cartilaginei in particolare, che non hanno un grande interesse commerciale, le statistiche ufficiali non sono dettagliate, mancano informazioni sulla struttura demografica delle catture, che in ogni caso non sono abbondanti, tranne che per alcune specie, ecc.
Sebbene quindi negli ultimi anni sia stata dedicata maggior attenzione verso questi pesci, dobbiamo riconoscere che in questo momento l’informazione raccolta non è ancora sufficiente per intraprendere valutazioni robuste con i metodi considerati standard.
Raccomandazioni
Ciò che, durante i lavori del congresso, abbiamo evidenziato in maniera forte è che in varie zone di pesca dei mari italiani, così come in altre aree del Mediterraneo, molte specie di elasmobranchi risultano più o meno rarefatte, mentre dati storici le citano come specie comuni nel recente passato. Di fatto la mancanza d’attenzione per queste specie, spesso raggruppate in ampie categorie commerciali, ha determinato nel tempo una scarsità di informazioni e di dati aggiornati utili a definirne i livelli dello stato di impoverimento di questa risorsa in termini sia qualitativi, sia quantitativi.
L’acquisizione corretta di dati e informazioni costituisce, pertanto, un’azione prioritaria e necessaria per creare un punto di partenza indispensabile nei programmi futuri di gestione delle risorse biologiche marine in genere e di questo gruppo di pesci in particolare. Conforta il fatto che questa necessità di azione è sentita e condivisa anche da tutti gli altri Paesi, segno che i ritardi gestionali non sono una caratteristica solo dell’Italia.
A quest’azione fondamentale che mira all’acquisizione di conoscenze in maniera sempre più esaustiva e puntuale, fa riscontro la mancanza di una seria programmazione per il monitoraggio delle catture della pesca commerciale.
In tal senso, infatti, ai fini delle statistiche di settore, persiste la modalità di registrazione per grandi gruppi di questi pesci. Tale modalità crea difficoltà da vari punti di vista, ma soprattutto impedisce qualsiasi applicazione di modelli gestionali, poiché gran parte dell’informazione viene perduta semplicemente perché non si distinguono le specie di elasmobranchi catturate e commercializzate. Emerge quindi la necessità di una revisione critica di tutta l’informazione disponibile, sia quella ottenuta attraverso ricerche e monitoraggi standardizzati ed effettuati su vasta scala spaziotemporale, sia di quella, spesso anche molto specialistica, che si realizza però in ambiti più limitati o più dispersi, sia quella relativa alle attività produttive.
Il reperimento e l’accorpamento di informazioni dettagliate e circostanziate sulle catture di elasmobranchi lungo le coste italiane rappresenta quindi un fondamentale passo per una maggiore tutela delle risorse naturali e sicuramente per una loro migliore gestione. Ciò necessita tuttavia di continuità temporale nel monitoraggio e nell’analisi della problematica, anche alla luce del recente accoglimento, da parte del Consiglio d’Europa, del “Piano di Azione per la Conservazione e Gestione dei Pesci Cartilaginei” (CPOA Position) e degli indirizzi della Direttiva comunitaria 2008/56/CE sulla strategia marina. In tal senso l’Italia è in grado di svolgere un ruolo strategico volto alle politiche comunitarie sulla pesca.
Testo di questo numero a cura di Fabrizio Serena

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